Il Codice Civile stabilisce che i firmatari di un contratto di locazione possono inserire una clausola penale con cui convengono che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento da parte di uno dei contraenti, questi è tenuto a versare all’altro una determinata prestazione, in genere una somma di denaro che equivale ad un risarcimento forfettario e prestabilito, essendo dovuto a prescindere dalla prova del danno. La parte può però dimostrare di aver subìto un danno più elevato della penale stessa e chiedere un ulteriore importo a titolo di risarcimento. La penale non può essere eccessiva rispetto all’economia del contratto.
Secondo la Cassazione, un contratto di locazione con clausola penale è legale. La clausola penale non costituisce quindi un contratto a parte, ma è una clausola inserita nel contratto di affitto regolarmente registrato.
Con questa previsione le parti stabiliscono, per ogni giorno di ritardo da parte dell’inquilino nella restituzione dell’immobile, una somma forfettaria da corrispondere al locatore. L’obbligo può scattare quando la locazione è cessata (scadenza del contratto) oppure quando è stato notificato un provvedimento di sfratto per morosità.
Le parti sono libere di stabilire l’entità della penale ma va limitato al valore della prestazione non effettuata. Secondo la Cassazione la penale può, in casi straordinari, raggiungere addirittura il 150 per cento dell’entità del canone mensile se il conduttore non restituisce il bene alla scadenza. Per giustificare una penale alta si deve considerare la natura dell’immobile (di lusso e posto in un luogo strategico di una città turistica) ed il carattere notorio dei tempi molto lunghi per lo sfratto.
