Lo sfratto per morosità per categorie protette deve seguire delle regole, le morosità vanno comunque sanate entro i termini stabiliti.
Una spesa che grava sul reddito è l’affitto. Un impegno che deve essere rispettato da tutti ma che, spesso, viene disatteso ed arriva inevitabile l’ordine di sfratto per morosità. La legge italiana tutela alcune categorie, ad esempio, le persone con disabilità.
Per quanto alcune categorie siano tutelate, non si può fare a meno di pagare il canone di locazione. Tuttavia, è possibile ottenere un termine maggiore per potersi mettere in regola con i pagamenti. In altre parole, c’è solo più tempo a disposizione per pagare il debito.
In genere, l’inquilino moroso può evitare lo sfratto mettendosi in regola anche direttamente all’udienza fissata per la convalida dello sfratto, saldando i canoni non pagati, nonché di tutte le spese legali e processuali. Questa sanatoria è consentita a qualsiasi conduttore, per un massimo di tre volte nell’arco del quadriennio.
C’è un’altra norma favorevole all’inquilino; si tratta di una regola che sembra fare proprio al caso di coloro che appartengono alle categorie protette e che vogliono evitare lo sfratto. Secondo la legge, la morosità può essere sanata, per non più di quattro volte nel corso di quattro anni, entro centoventi giorni dall’udienza, se l’inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.
In buona sostanza, la legge consente alle persone affette da malattia (iscritte o meno alle categorie protette) di ottenere più tempo per pagare gli arretrati. Ciò significa che, se neanche questo termine dovesse essere sufficiente, si dovrà procedere senz’altro allo sfratto.